Artemisia compie 30 anni e festeggia con
A*VOID*DANCE
live performance di
Marta Martino e Franco Conte
A*VOID*DANCE
live performance di
Marta Martino e Franco Conte
A*VOID*DANCE è un progetto che comprende una serie di testi, dipinti, installazioni, composizioni sonore e opere dal vivo messe in scena in un ambiente esteticamente controllato.
Una versione condensata del lavoro sarà esposta durante una performance di 6 ore che si terrà il 26 gennaio in occasione del 30° anniversario della Galleria Artemisia.
A*VOID*DANCE is a project that includes a series of texts, paintings, installations, sound compositions and live works staged in an aesthetically controlled environment.
A condensed version of the work will be displayed during a 6 hour performance that will take place on January 26 in the occasion of Galleria Artemisia 30 year anniversary.
Una versione condensata del lavoro sarà esposta durante una performance di 6 ore che si terrà il 26 gennaio in occasione del 30° anniversario della Galleria Artemisia.
A*VOID*DANCE is a project that includes a series of texts, paintings, installations, sound compositions and live works staged in an aesthetically controlled environment.
A condensed version of the work will be displayed during a 6 hour performance that will take place on January 26 in the occasion of Galleria Artemisia 30 year anniversary.
UN DIALOGO TRA BELINDA GUERRIERO E MARTA MARTINO
B.G. Tu scrivi che si tratta di un progetto che include una serie di testi, dipinti, installazioni, composizioni sonore e lavori dal vivo esposti
"IN AN AESTHETICALLY CONTROLLED ENVIRONMENT". Da cosa è partita questa tua necessità di lavorare dal vivo?
E cosa intendi per ambiente esteticamente controllato? È molto interessante indagare insieme a te questo punto, perché da un lato esprimi l'esigenza di voler "lavorare dal vivo" in un ambiente che non è il tuo abituale ambiente di lavoro, ma simultaneamente crei un luogo che non è più Artemisia, ma non è nemmeno esattamente un altrove. Intendo dire che tutto il progetto verte a costruire una specie di SCATOLA, un INVOLUCRO che sta a mezz'aria tra la galleria/lo studio/un set temporaneo/un luogo circoscritto e nello stesso tempo che si apre ad una vetrina sulla strada e sul pubblico.
Tutto ciò è molto, molto stimolante, faticoso, ma stimolante.
M.M. “lavorare dal vivo” è un modo per condividere, entrare in connessione con altre persone senza dover usare i mezzi canonici di scambio che trovo così noiosi nella maggior parte dei casi (e senza l’atto del “parlare” - una forma di comunicazione diversa).
ricreare una visione è intraprendere un viaggio.
è condividere un qualcosa che ha mosso te per primo e che ora potrebbe muovere qualcun altro.
la performance live mette a disposizione corpo, sentimenti, dubbi, angosce, gioie e realizzazioni che diventeranno altro nel momento stesso della condivisione, quando tornano ad essere collettivi, confermando l’illusione dell’originalità.
in ogni caso, la trasformazione nell’incontro c’è, e mi interessa perché lavora ad un potenziale altrimenti non indagato.
la performance, per quanto “long durational”, conferma anche il concetto di temporaneità.
rimane, come dici, uno spazio sospeso, un’esperienza all’interno di in una dimensione solo parzialmente controllabile.
definire l’estetica e controllarla è solo un altro strumento per hackerare le nostre teste e renderle più vulnerabili, che significa anche, più pronte ad essere mosse da quanto succede durante la performance.
gli “inneschi” per me sono molto importanti, interni o esterni che siano.
l’estetica ha un potere indiscutibile e la ricerca di una specifica estetica è parte del mio lavoro da sempre.
un’estetica in movimento, costantemente in cambiamento, ma che conserva una matrice importante di essenzialità, di significati espliciti e diretti.
B.G. Il testo è coperto da "UN' ORMA FERINA" rossa nel file che mi hai inviato.
Mi piace moltissimo. Dobbiamo parlare di un romanzo breve di H. James "La bestia nella giungla" che adoro e di una mia ossessione per il concetto di belva che tende agguati, sempre pronta a spiccare il balzo.
M.M. vuoi vedermi soffrire?
eccomi mentre sanguino.
più sei forte e più le persone vogliono vederti soffrire in un gioco perverso che li fa sentire più forti quando diventi debole nella loro testa.
l’orma insanguinata è la forma più esposta di dolore e vulnerabilità per me al momento.
non ho paura di mostrarti che soffro e sanguino. non mi definisce - non mi puoi definire, confinare, possedere.
il mondo delle relazioni, la sopravvivenza, la miseria nella quale tutti prima o poi incappiamo.
in questo vedo l’animale, vittima e carnefice, mosso da istinti bassi, ma che ha avuto la grazia, che però, allo stesso tempo, gli ha lanciato una sfida…di apertura e visione di un mondo più alto al quale non si può e non si deve essere preparati se non si vuole cadere nell’errore/orrore di paragonarsi
a Dio.
B.G. LA CANCELLATURA nera
MM. la cancellatura per me è un modo per mantenere una certa distanza, una forma di protezione e difesa, ma rappresenta anche l’aspetto dark presente in ognuno di noi.
la distanza prodotta dalla censura contribuisce a mantenere alto l’interesse nei confronti di qualcosa di nascosto e di misterioso, che non cogli a pieno.
mi interessa il concetto di censura come tentativo di controllo, ma anche come reazione ad una minaccia vera o presunta.
B.G. Nello specifico delle parole che hai usato: tu scrivi DEL MATERIALE SILENZIO. Puoi dirmi di più di questa bellissima espressione?
M.M. dare una forma, un’idea di concretezza, trattare ogni cosa come concetto e ogni concetto come cosa, mi aiuta a visualizzare più chiaramente quello che sto studiando. lo rendo, in qualche modo, disponibile, visibile e dissezionabile.
B.G. spesso la scelta dei tuoi soggetti delinea nettamente figure di warriors, fighters, lottatori insomma o antichi guerrieri sbalzati in una realtà futuribile. Cosa emerge da queste presenze tanto possenti quanto fragili nel loro costante mascherarsi?
Possiamo leggerli come dei paradoxical self-portraits? Paradossali nel senso storico-letterario del termine, perché con queste tue rappresentazioni tu narri di fatti e persone meravigliose che sono fatte di te e da te e vagano o giacciono inermi dopo strenue lotte.
M.M. posso speculare finché voglio su cosa rappresentino le figure nei miei lavori, ma non ho una risposta univoca.
oggi mi ci rivedo, domani potrei vederci le persone che mi circondano e con le quali ho rapporti reali o virtuali.
in ogni caso, mi aiutano a fare chiarezza, spesso mi tranquillizzano appena “nascono” e nel tempo in cui restano sotto i miei occhi.
a volte mi calmano e altre volte mi disturbano, siamo in dialogo.
i lavori di cui parli, STEREOTYPES23 incluso, rappresentano momenti di aggressività reale o presunta, ma in questi umanoidi non vedo il tentativo di mascherarsi, sono come sono, rappresentano lo stereotipo che per sua *natura* non è identificabile con “x”, ma riconducibile a “x”.